La prima volta che ho incontrato un orso ero davvero piccola. E' venuto a trovarmi mentre dormivo nel mio lettino. Mamma disse che d'ora in avanti sarebbe stato il mio amichetto e che avrei dormito sonni tranquilli vegliata dal nuovo coinquilino peloso. Crescendo, ho trovato davvero singolare l'idea che un animale notoriamente solitario e scontroso potesse essere il miglior compagno di una bimbetta, soprattutto se il peluche in questione non è l'orsettino morbidoso e sorridente che ci si aspetterebbe, ma un accigliato, scuro ed ispido orso bruno, più tardi ribattezzato da me "Bruno". Eccolo qui: il tempo e l'usura non hanno di certo favorito la conservazione della sua pelliccia già pungente più di 30 anni fa, ma l'espressione è rimasta sempre la stessa!
Chiamatelo "imprinting" o come volete, fatto sta che, da quella volta, si è irrimediabilmente impressa in me l'idea che solo gli orsi migliori, quelli di cui fidarsi, sono orsi bruni, tutti gli altri sono orsi di serie B, tipi da cui tenersi alla larga.
Eppure una possibilità al "diverso" l'ho voluta dare. Erano i primi anni 80 e decisi di dare una chance al famoso Coccolino; bianchissimo che più bianco non si può, ma soprattutto morbidosissimo visto che era il testimonial dell'omonimo ammorbidente per panni. Lo vedevi sorridente in tv che veniva lanciato sopra una pila di spugnosissimi asciugamani piegati, rimbalzava soave e flessuoso come tra le nuvole senza accusare il minimo fastidio alla cervicale o, quantomeno, al fondoschiena. In realtà il peluche si rivelò un rigido orsetto color panna che, tempo due mesi, diventò sporco che più sporco non si può. Ed ecco qui anche il mio Coccolino; lui e Bruno ormai hanno deposto le armi e condividono più o meno pacificamente il mio baule dei ricordi.
Dopo Coccolino fu la volta dell'invasione de "gli orsetti del cuore", i Care Bears, coloratissimi e con pancini tempestati di cuori, arcobaleni, trifogli ed altre frivolezze del genere. Questa volta non caddi nella trappola dei peluches ma mi feci abbindolare dalla raccolta delle loro figurine Panini perché ogni scusa era buona per comprare figurine e poter annusare il paradisiaco odore della colla Panini (a tal proposito, caro Signor Panini, perché la tua colla non profuma più come quella di una volta? Scusate, chiudo qui questa parentesi proustiana).
Gli anni son passati e la mia vita si è popolata sempre più di esseri umani e sempre meno di orsi.
Nel frattempo sono diventata mamma di due splendide bambine e un giorno, per caso, è finito fra le mie mani un piccolo albo cartonato della Ravensburger, datato 1983, dal titolo "Hallo, kleiner Bar" di Helmut Spanner.
L'edizione in mio possesso ha il titolo in tedesco ma questo poco importa visto che si tratta di un silent book, libro senza parole fatto di sole immagini. Sono state proprio queste immagini a catturare la mia attenzione; finalmente di nuovo un orso bruno, con tanto di pelo arruffato e ispido, alle prese con azioni quotidiane che svolgono normalmente i bambini, compresa una (per lui fallimentare) spazzolata di pelo accompagnata da un'espressione un po' rassegnata.
Dopo questo incontro, più o meno consciamente, ho iniziato ad affollare la libreria delle mie bimbe con albi illustrati che hanno tutti come protagonista un bell'orso bruno.
Inizierò citando il famosissimo "A caccia dell'orso" di Rosen e Oxenbury.
Una giovane famigliola, capitanata dal vispo papà, attraversa prati, laghi, paludi, tempeste di neve e foreste per andare a caccia dell'orso. Peccato che, una volta trovato l'orso, un vero orso bruno di serie A, e scomodatolo dalla sua tana e dal riposo invernale, i cinque membri della famiglia si facciano vincere dalla paura e non lascino modo ad orso di palesare la sua voglia di giocare con loro.
Proseguendo in ordine cronologico non di pubblicazione ma di mio personale acquisto, voglio presentarvi il meraviglioso orso di "Voglio il mio cappello", disegnato dal geniale e pluripremiato Jon Klassen.
Fidatevi, non provate mai a rubare il cappello ad un orso, soprattutto se l'animale in questione è grosso, bruno, dal pelo ispido e poco incline alla condivisione.
Da un grande orso passiamo ad un piccolo orso, l'orsetto protagonista di "No" di Claudia Rueda, vincitore del premio Nati per Leggere nel 2012, piccolo nelle dimensioni ma grande nella testardaggine e campione indiscusso della disciplina olimpica "opporsi ai genitori" in cui eccellono i cuccioli di tutte le specie.
Il Signor Panini, dopo lo scivolone della colla, riguadagna un milione di punti pubblicando "Una canzone da orsi", storia di un inseguimento fra papà orso e orsetto che inizia in una foresta e finisce sopra ai tetti dell' Operà di Parigi. Il piccolo orso si nasconde fra la miriade di oggetti che affollano le pagine illustrate, ricche come non mai di fantastici particolari disegnati da Benjamin Chaud. Anche in questo caso gli orsi sono bruni e con folta pelliccia, proprio come piacciono a me.
Più burbero, peloso e bruno di lui non esiste nessun altro orso: sto parlando di Ernest, compagno di Celestine nella celebre e omonima saga illustrata da Gabrielle Vincent.
"La casa invernale dell'orso" di Yeoman e Blake è quanto di meglio possiate trovare sotto la voce "orso burbero ma simpatico" e non scordiamoci anche "peloso al punto giusto".
Non è l'unico protagonista ma troneggia indiscusso in copertina l'orso di "Forte come un orso" di Katrin Stangl, illustratrice dai tratti essenziali quanto accattivanti, riconoscibile per l'audace utilizzo di colori accesi ed inusuali.
Di recente pubblicazione è "Orso, buco!" di Nicola Grossi. Incredibile come una palla disegnata a matita con il colore marrone possa rappresentare alla perfezione un vero orso bruno!
Questi sono formica, rospo, volpe e orso
Con l'ultimo libro che ho acquistato è stato amore a prima vista; sto parlando di "Orso ha una storia da raccontare" di Philip Stead, illustrato da Erin Stead.
I disegni ad acquerello e matita incantano sia i bambini che i lettori adulti più esigenti. La Stead riesce con rara maestria a donare diverse espressioni all'orso, tutte di una profondità incredibile. Il povero orso, prima di ritirarsi per il lungo letargo invernale, ha voglia di raccontare una storia ai suoi amici, ma tutti gli animali non gli prestano la giusta attenzione, impegnati come sono a loro volta a trovare una tana per trascorrere al sicuro l'inverno. Orso li aiuta e, alla fine, si ritira anche lui per gustarsi il meritato riposo, senza però aver avuto l'opportunità di raccontare la sua storia. Finito l'inverno, al momento del risveglio primaverile, tutti gli animali si radunano attorno all'orso, desiderosi di ascoltare cosa abbia da raccontare ma, proprio sul più bello, orso non si ricorda la storia! E così, con l'aiuto dei suoi amici ascoltatori, inizia a raccontare la storia di un orso che, prima di andare in letargo, voleva a tutti i costi raccontare una storia ai suoi amici.
Finisce qui la mia lunga carrellata di orsi. Sono sicura di averne dimenticati tanti altri, di sicuro anche molto famosi, ma non me ne vogliano i diretti interessati perché so per certo che a loro non dispiacerà restarsene ancora per un po' in solitudine e tranquillità, lontano da occhietti curiosi e desiderosi di conoscerli. Dopotutto stiamo parlando di orsi bruni, gli unici Orsi con la "O" maiuscola!